G.
G.
Non volevo raccontare la storia di qualcuno in particolare, ma di particolari emozioni. Ruoli particolari. Cambiamenti in particolare.
Per cui G. non è nessuno, è qualcuno di noi, o se sono stata brava, è ognuno di noi. Una donna in balia di un amore travolgente, che la cambierà senza possibilità di ritorno nei suoi vecchi panni.
Sarà che da quando aveva conosciuto quell’uomo, da quando aveva iniziato ad amarlo per via di quella voce così avvolgente, aveva sentito troppo. Troppo. Più di quanto riuscisse a tenere.
G. e Luca erano come la 90 e la 91 sulla circolare di Milano: giravano in tondo in direzioni esattamente opposte, un po’ alla ricerca degli odori l’uno dell’altro, un po’ scappando, un po’ rincorrendosi.
Tornò a casa felice, grata e piena. E come spesso faceva dopo le sue lunghe giornate, iniziò a spogliarsi, un pezzo per volta. Slacciò le scarpe all’ingresso, appena entrata, e proseguì scalza in camera da letto. Accese il giradischi già senza maglia e posò la puntina delicata sul vinile in postazione. Poi passò dalla cucina e riempì un calice di vino prima di sfilare i pantaloni. Infine sganciò il reggiseno e tolse gli slip di fronte alla lavatrice. Li infilò nel cestello e avviò il programma.
“Papà se n’è andato”. Mi disse al telefono. E solo ora mi accorgo di come abbia trascorso tutto il tempo successivo a quell’istante a capire dove. Dove se ne fosse andato Diego. A chiedersi quando si sarebbero rivisti, e chi avesse inventato la stronzata che il tempo guarisce tutto. G. si sentiva sulla riva di un’isola a fissare una barca dalla quale non voleva dividersi, allontanarsi ogni giorno. E a furia di vederla rimpicciolirsi all’orizzonte, non si sentiva meglio, come invece le avevano promesso, ma solo più nostalgica.
“Pronto???” ..“Ehi.” Un pugno infuocato nello stomaco e la pelle ruvida come l’asfalto.