2. C'era una volta: "Se cado mi rialzo."
Non era una storia di cui G. amava parlare. A chi non è mai capitato?
Da piccola ero innamorata di un bambino a scuola. Scrivevo di lui sul mio diario segreto: com’era vestito, cosa mi diceva, le sensazioni che provavo quando rideva o semplicemente quando alzava la mano per parlare. Poi un giorno, durante un gioco verità o bugia, mi ha detto che ero brutta. Quando sono tornata a casa ho pianto con la faccia nel cuscino fino ad addormentarmi per lo sfinimento. Al mio risveglio ho preso il diario, la penna, ho scritto la data e ho strappato tutte le pagine del diario lasciandoci dentro una voragine difficile da non notare. Il giorno dopo mia madre è entrata in stanza mentre studiavo.
“Perché hai strappato tutte le pagine del tuo diario?”
“Perché c’erano scritte solo stronzate”
“Non è un buon motivo. E se dovessi scriverci altre stronzate?”
“Vorrà dire che strapperò anche quelle.”
“Non puoi Amore mio: i ricordi danno consistenza alla nostra vita. Non possiamo cancellare il passato. Non possiamo dimenticarlo.”
“Ah si?? E perché no???”
“Perché con il tempo, con gli anni, e con tutte le stronzate che farai, diventerai come quel diario li: vuoto. Sordo. E tutto ciò che vivrai di bello, ti passerà attraverso senza lasciarti più nulla.”
Esattamente come un diario senza più nemmeno una pagina, avendone strappate lei stessa una a una, G. aveva smesso di sentire. Di sentire, sì. Sarà che da quando aveva conosciuto quell’uomo, da quando aveva iniziato ad amarlo per via di quella voce così avvolgente, aveva sentito troppo. Troppo. Più di quanto riuscisse a tenere: c’erano odori, passione, curiosità. C’era gioia, tormento e paura. Costante paura di perdere tutto.
Sarà per questo che quando è partito, non ha più sentito nulla: il corpo si è svuotato d’emozioni e ne è rimasta solo assenza.
Era ferma, impalata, lì: come la pallina del biliardino in equilibrio su quell’unico punto del campo da gioco in cui nessuno può prenderla. Tutti si affannano a far girare vorticosamente le stecche per afferrarla e sbatterla di nuovo in porta, ma lei invece è li immobile. Chiusa in una dimensione assoluta e solitaria, che non rispetta alcuna regola del gioco. In attesa che qualcuno sollevi il tavolo e grazie alla sola forza di gravità riesca a scorrere quel microspazio che tanto basti a rimettersi in campo. A rimettersi in gioco. Era diventato facile con il tempo sentirsi sfrontata e coraggiosa: dopo quella storia G. era davvero diventata di gomma.
“Ma chi era? Hai una faccia?”
“Era Luca.”
“Luca?”
“Si. Non lo conosci.”
“Come faccio a non conoscerlo? Siamo amiche da una vita”
“Ma infatti. Io l’ho conosciuto in un’altra”.
Già. Una vita lontana. Quando valeva ancora "Se cado mi rialzo" e "Il tempo guarisce tutto". Una decina di anni fa partii a Londra per un viaggio di lavoro e stetti via per un pò. Mi sono sempre chiesta se questa parentesi solitaria ci abbia giovato o sia stata disastrosa per entrambe. G. ai tempi era in un periodo difficile: suo padre si era ammalato e malgrado la chemio, quel castello compatto di pillole, gocce e pomate sul comodino, malgrado l'amore e i pellegrinaggi disperati, Diego si faceva sempre più sottile.
A lavoro il suo capo non le dava tregua: "Sono solo interessato al tuo futuro" le diceva. Ma io penso fosse più interessato al suo culo. Le faceva spesso intendere che se non avesse accettato la sua corte, il progetto grazie al quale il suo contratto di lavoro stava in piedi, per magia non ci sarebbe stato più. E lei con lui.
"Stavo prenotando gli aerei per portare papà a Roma e squilló il telefono". Mi raccontava G.
Rispose una voce bruna e ruvida. "Buongiorno signora! La chiamo perché stiamo facendo un sondaggio nella sua zona di residenza rispetto al gradimento di...".
"No guardi non sono interessata" e giù la cornetta. Credo fosse una di quelle giornate grigie in cui ti senti sola a buttar giù a spallate un muro di cemento armato. Provava a selezionare il volo, ma appena tentava di terminare l'acquisto, lo schermo diventava completamente bianco. "Porca puttana!!!!". Fu lì che squilló nuovamente il telefono. "Chi è?????" "Buongiorno signora, ci siamo sentiti poco fa. Non mi sembra il caso di essere così sgarbata con ..." e ancora giù la cornetta. Stavolta senza aggiungere nemmeno una parola.
Ripetette la procedura ancora una volta ma .. "Il credito non è sufficiente a completare l'acquisto".
Inizió a stringere i pugni, e tratteneva a stento la voglia immane di sbattere quel pc sul muro della cucina. O se avesse potuto su quel muro di cemento armato. Squilló ancora il telefono ed era lo stesso numero di prima. Con tutta la rabbia in circolo rispose: "Cosa cazzo vuoi?? Ho detto che non sono interessata."
"Buongiorno signora, lei non mi fa finire di parlare altrimenti saprebbe che.."
"Saprei cosa? Che non valgo niente? Che mio padre sta morendo e io non so nemmeno comprare due fottuti biglietti aerei?? Che sta morendo. Che non posso salvarlo e nemmeno comprare due biglietti aerei? Saprei che valgo un contratto a progetto e se non mi prostituisco nemmeno quello? Lei non sa niente. Non mi chiami più o la denuncio. ". Chiuse la chiamata e gettò con violenza il cellulare sul divano mentre già piangeva. Poi si rannicchiò sulla sedia e continuo a singhiozzare con tutta l'anima, a braccia chiuse sulla tastiera retroilluminata.
Sentì inaspettatamente sibilare il cellulare, come per la ricezione di un messaggio. Continuò a piangere senza preoccuparsene, ma al secondo sibilo si alzò lentamente, sperando che fosse la notifica della banca che le diceva “Si. I tuoi voli sono prenotati”.
Non era la banca. C'era quel numero e il display recitava "Ora faccio sondaggi telefonici, ma prima ero nel call center Alitalia. Se hai bisogno, richiama".